Ma quei 500 cittadini che un complicato sorteggio aveva autorizzato a prendere posto sulle scalee del dikasterion non potevano essere in condizione di comprendere se quelle elevate a carico di Socrate davvero cogliessero il suo comportamento e la realtàche lo riguardava o invece fossero imputazioni speciose e strumentali. Non potevano intendere la discrasia tra i fatti attribuiti e una realtà fattuale vagamente somigliante ai medesimi, ovvero tra i suoi giovanili interessi naturalistici, il daimonion e l’amore per il filosofico dialeghestai. Non potevano capire che nell’animo dell’Ateniese non c’era affatto un nuovo credo religioso né la smania di introdurlo in città, se mai il bisogno di una più consapevole religiosità accompagnato da una tensione sincera verso il vero e il giusto. Bisogni di spiritualità che difficilmente potevano trovare in delle menti – specie quelle dei meno giovani – ferme alle tradizioni, ai riti sacerdotali, alla sacralità degli oracoli, alla parola degli indovini, alle processioni, ai sacrifici votivi, e non ancora pronte a recepire la bellezza del pensare libero e l’urgenza etica di sottoporre a verifica ogni asserto di rilievo.
